Famiglia e divorzio all'italiana

 

 

 

Si sta ancora festeggiando, talvolta con tono un po’ troppo trionfalistico, l’anniversario del referendum che ha approvato il divorzio in Italia. Ebbene, dopo trent’anni di questa “gloriosa vittoria” che ci ha permesso di liberarci in qualunque momento, con libertà assoluta, del vincolo del matrimonio, visto più come peso che come dono reciproco, molti si domandano se è davvero il caso di parlare di festa per un evento storico che, alla luce dei fatti, si è dimostrato foriero solo di distruzione, sia da parte dei coniugi con conseguenze di angoscia, di depressione e di nevrosi, sia da parte dei figli con conseguenze traumatiche irreversibili e incurabili, sia da parte dei nonni, molti dei quali si sono visti ripiombare a casa i rispettivi figli adulti, malati di depressione acuta, dopo molti anni di felice vita matrimoniale.

Credenti o non credenti, la verità è che l’Istituto matrimoniale in sé, cioè la famiglia, è talmente intrinseco alla natura umana che la sua distruzione o menomazione porta inevitabilmente come conseguenza una lacerazione psico-fisica così forte che può arrivare anche a togliere il ben dell’intelletto, come purtroppo siamo ormai abituati a vedere dai molti omicidi perpetrati proprio nell’ambito famigliare. Ma anche nei casi più normali di separazioni consensuali “pacifiche”, la cosa è sempre così traumatica che di solito quasi tutti i coniugi sono costretti a ricorrere all’aiuto di psicologi o psichiatri per superare questo duro scoglio. Possibile che l’amore non sia più forte delle difficoltà che inevitabilmente compaiono per tutti nella vita?

Ormai non si tratta più di risolvere in modo drastico i singoli casi pietosi da sempre esistiti, ma sta avanzando una “moda” ormai diffusa, una vera epidemia, che mira alla distruzione dell’umanità attraverso il nucleo portante che è la famiglia, strumentalizzando proprio la donna la quale si illude stupidamente di aver finalmente raggiunto la propria emancipazione liberandosi da ciò che di più caro dovrebbe avere al mondo: la famiglia.

Alcune di queste donne, le più impegnate anche professionalmente come legali in cause matrimoniali o come assessori comunali, si sono schierate sul fronte femminile come paladine, disposte a difendere sempre e comunque il “gentil sesso” dalla tracotanza e prepotenza degli uomini, non solo sul lavoro, offrendo “pari opportunità”, ma anche in famiglia, favorendo la loro “liberazione” dai rispettivi mariti con una certa facilità, anzi molto spesso anche con soddisfacenti tornaconti economici perché la donna separata viene premiata sia dalla società che dalla legge. Infatti risulta dall’Istat che più dell’ottanta per cento delle separazioni sono chieste dalle donne, cioè dalle mogli.

Ebbene, io sono donna e amo il mio ruolo femminile, tuttavia mi sento in dovere di spezzare una lancia in favore degli uomini, dal momento che vengo a conoscere, sia come psico-pedagogista, sia perché è sufficiente guardarsi attorno, molte situazioni di separazioni terribili, vissute, anzi subite, soprattutto dall’uomo, in particolare se è padre. Infatti la legge italiana sul divorzio è contro la famiglia proprio perché difende ciecamente e solamente la moglie, dando a questa potere assoluto, soprattutto se c’è di mezzo un figlio. Esempio:

1) Quando è l’uomo a lasciare la moglie, per qualsiasi motivo anche infondato o pretestuoso, è lui a dover pagare, come è giusto che sia. La legge lo obbliga ad assolvere a determinati doveri verso la moglie rimasta sola e verso i figli normalmente affidati a lei come madre.

2) Quando è la donna a lasciare il marito, per qualsiasi motivo anche infondato o pretestuoso, è sempre e solo l’uomo che deve pagare, ma deve pagare in modo illimitato, a tal punto che quasi tutti i mariti, anche benestanti, finiscono sul lastrico e sono costretti, se vogliono sopravvivere, a tornare da mammà dopo che la loro gentil consorte li ha cacciati di casa privandoli perfino dell’appartamento, di proprietà del marito, ovviamente! Senza parlare di assegni mensili altissimi e di altri oneri assurdi che continuano a spuntare col passare degli anni. Le motivazioni per una scelta del genere? Per la stragrande maggioranza delle donne è questa “Mio marito mi stressa!”.

C’è un film che si intitola “Prima ti sposo e poi ti rovino”, e risponde al vero perché una donna vorace e calcolatrice può tranquillamente trovare il suo benessere economico, la sua “sistemazione per la vita” proprio grazie al matrimonio e alle leggi civili che lo regolano, dopo essersi sbarazzata del marito e, se lo desidera, anche dei figli.

E’ la legge italiana che permette queste assurdità, sia quella sul divorzio che sul diritto di famiglia, leggi che il più delle volte premiano il colpevole e condannano l’innocente. Qui sono chiamati seriamente in causa politici e magistrati se vogliono impedire una grave ingiustizia che si sta trasformando in disastro nazionale che tutti stiamo ormai pagando a caro prezzo.

D.ssa Patrizia Stella
stella.patrizia@libero.it

(Lettera pubblicata su "FattiSentire.net" il 27.09.04; riproduzione su "Profezie per il Terzo Millennio" autorizzata dalla Dott.ssa Patrizia Stella)

 

 

 

 

"Profezie per il Terzo Millennio" - Novembre 2004


 

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