L'Apocalisse commentata da Don Dolindo Ruotolo

L'imperialismo nel disegno di Dio

 

CAPITOLO VI

«Quando l'Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: «Vieni». Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora.
Quando l'Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava: «Vieni». Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada.
Quando l'Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: «Vieni». Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: «Una misura di grano per un danaro e tre misure d'orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati».
Quando l'Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: «Vieni». Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra.
Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. E gridarono a gran voce: "Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?". Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro.
Quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi. Il cielo si ritirò come un volume che si arrotola e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto.
Allora i re della terra e i grandi, i capitani, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti; e dicevano ai monti e alle rupi: Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall'ira dell'Agnello, perché è venuto il gran giorno della loro ira, e chi vi può resistere?»
. (Apocalisse, capitolo VI)

 

Nelle due terribili guerre mondiali del 1914-18 e del 1939-44, l’imperialismo ambizioso inondò due volte di sangue la terra, e specialmente la seconda, mossa dalle mire ambiziosissime di due uomini che ebbero per loro divisa: uscire in guerra con tutti e contro tutti, per vincere e instaurare un impero strapotente e dominatore di tutte le nazioni.

L’impero e la sete dell’impero non è una grandezza per una nazione, ne è il flagello e la morte.

È un’elefantiasi, un gonfiore maligno che distrugge le risorse della vita nazionale, riduce in ischiavitù i soggiogatori e i vinti, e costringe le nazioni ad un perenne stato di guerra, aperta o nascosta, che finisce per esaurirle e distruggerle nella immancabile reazione che l’imperialismo suscita nelle nazioni e negl’imperi vinti. Dio ha dato ad ogni nazione i suoi confini e i suoi limiti: le più grandi, per la legge dell’ordine e della carità, debbono sostenere le più piccole, ognuna deve godere la sua indipendenza e deve preoccuparsi del bene delle altre, in modo che dall’armonia di tutte si conservi al mondo la pace.

Questa è la legge messa da Dio.

Il peccato distrugge l’armonia di questa legge; per esso viene meno, per così dire, la circolazione nel grande organismo delle nazioni, sopraggiunge la congestione in quelle che hanno più abbondanza di mezzi, ed ecco l’imperialismo, sconvolgente e tracotante che è castigo a se stesso e castigo alle altre nazioni. È una verità che non ha bisogno di essere illustrata; l’abbiamo vissuta e la viviamo ancora [don Dolindo scrive queste pagine nella prima metà degli anni '40; N.d.R.]. Le crisi tremende dell’imperialismo servono al Signore per preparare il suo impero di amore nella Chiesa e per la Chiesa; chiudono un periodo di rilassamento e ne aprono un altro di maggiore fervore, per qualche particolare manifestazione della sua carità infinita.

Ogni epoca della vita della Chiesa comincia e si chiude con questo flagello, com’è manifesto dalla storia; l’imperialismo romano, per es., preparò le vie alla sua diffusione nel mondo, la provò e la purificò con le persecuzioni, eliminando dalla sua compagine ogni infiltrazione pagana, e fu la causa vera dello sfasciamento della grande macchina del medesimo impero.

L’imperialismo maomettano ebbe la stessa funzione; anch’esso come quello romano ebbe un arco, cioè ebbe il permesso di combattere e conquistare, disseminò la strage nelle nazioni, e fu di castigo e di purificazione per i fedeli, già rilassati nella loro vita. In questi grandi cataclismi Dio raccoglie amorosamente i suoi eletti, come il padrone del campo raccoglie i frutti buoni che la tempesta stacca dall’albero; noi non ce ne accorgiamo, ma nell’eternità vedremo i segnati dal suo amore, e capiremo che senza le tempeste tribolanti essi non sarebbero stati mai salvi. Dio sa quello che fa, e non dobbiamo essere noi a suggerire ad un infinito Amore il modo come governare il mondo e condurre le anime alla salvezza.

 

Da "La Sacra Scrittura - L'Apocalisse" di Don Dolindo Ruotolo, pagg. 154-155 (pubblicato nel 1974 con Imprimatur di Mons. Vittorio. M. Costantini, Vescovo di Sessa Aurunca)

 

Vai all'indice

 

 

 

A cura di "Profezie per il Terzo Millennio" - Marzo 2007
Condizioni del copyright sui contenuti di questa pagina


 

Ritorna alla pagina principale