UDIENZA GENERALE
La catechesi del Papa durante l'incontro con i fedeli

Cantico:  Ger 14, 17-21

Lamento del popolo in tempo di fame e di guerra

 

"Insieme con gli Israeliti, anche noi possiamo essere certi che il Signore non ci abbandona per sempre ma, dopo ogni prova purificatrice, egli ritorna a far "brillare il suo volto su di noi, a esserci propizio... e a concederci pace"". Così Giovanni Paolo II ha commentato il Cantico di Geremia 14, 17-21, "Lamento del popolo in tempo di fame e di guerra" - delle Lodi di Venerdì della 3ª settimana - durante l'udienza generale di mercoledì 11 dicembre, nell'Aula Paolo VI. Dopo la proclamazione dei versetti 14, 17.19a.20b-21, il Papa ha pronunciato la catechesi di cui diamo qui di seguito i punti nodali:

"Il contesto da cui sorge questa lamentazione è rappresentato da un flagello che spesso colpisce la terra del Vicino Oriente:  la siccità. Ma a questo dramma naturale il profeta ne intreccia un altro non meno terrificante, la tragedia della guerra:   "Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di spada; se percorro la città, ecco gli orrori della fame". La descrizione è purtroppo tragicamente attuale in tante regioni del nostro pianeta";

"Oltre alla spada e alla fame, c'è, infatti, una tragedia maggiore, quella del silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dell'agire dell'umanità... Ormai ci si sente soli e abbandonati, privi di pace, di salvezza, di speranza. Il popolo, lasciato a se stesso, si trova come sperduto e invaso dal terrore. Non è forse questa solitudine esistenziale la sorgente profonda di tanta insoddisfazione, che cogliamo anche ai giorni nostri? Tanta insicurezza e tante reazioni sconsiderate hanno la loro origine nell'aver abbandonato Dio, roccia di salvezza";

"A questo punto ecco la svolta:  il popolo ritorna a Dio e gli rivolge un'intensa preghiera. Riconosce innanzitutto il proprio peccato con una breve ma sentita confessione della colpa... Il silenzio di Dio era, dunque, provocato dal rifiuto dell'uomo. Se il popolo si converte e ritorna al Signore, anche Dio si mostrerà disponibile ad andargli incontro per abbracciarlo";

"Dio è invitato a ricordarsi che egli si è legato al suo popolo attraverso un'alleanza di fedeltà e di amore. Proprio per questa alleanza il popolo può confidare che il Signore interverrà a liberarlo e a salvarlo. L'impegno da lui assunto, l'onore del suo "nome", il fatto della sua presenza nel tempio, "il trono della sua gloria", spingono Dio - dopo il giudizio per il peccato e il silenzio - ad essere di nuovo vicino al suo popolo per ridargli vita, pace e gioia".

 

L'Osservatore Romano - 12 Dicembre 2002

 


 

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