Il dossier di Fides:
Dove i bambini soffrono
Nel giorno in cui la Pontificia Opera dellInfanzia Missionaria ripropone
l'impegno missionario dei bambini più fortunati che sentono di dover aiutare i loro
coetanei meno fortunati, in questo giorno di festa e colori, vogliamo aprire la porta a
quel popolo di milioni e milioni di piccoli in difficoltà, nascosto nell'ombra della
clandestinità, spaventato dalle minacce dello sfruttamento, ferito nel cuore e nel corpo
dalle guerre, affamato, senza famiglia.
Un popolo di cuccioli randagi che si nutrono dei rifiuti delle grandi discariche in Kenya
come in Brasile. Bambini senza casa che vivono per strada sniffando la colla per non
sentire la fame, facili ingaggi per la delinquenza come manodopera da bruciare.
Cosa accadrà di questi bambini? Riusciranno mai più ad avere fiducia in un adulto? E
soprattutto riusciranno a diventare adulti ?
Vivere o sopravvivere?
In 25 paesi del mondo oltre il 15% dei bambini muore prima di raggiungere i 5 anni di
età. Conosciamo queste cifre da tempo e da tempo non riusciamo a vederle ridotte,
malgrado le campagne di vaccinazione, la creazione di centri i cura e dispensar,
l'educazione sanitaria di base impartita alle madri.
E non c'è niente di più drammatico che pensare ad una creatura appena nata e già
vittima di fame o malattie, rischia la morte per disidratazione, abbandono, o per altre
infezioni che si potrebbero evitare magari con qualche medicinale a basso costo.
Le cause principali di questa terribile strage degli innocenti sono: la
diarrea, il morbillo, il tetano, la pertosse , la polmonite.
E mentre l'Aids pediatrico merita un discorso a parte, le cinque malattie che abbiamo
appena elencato sono curabili con farmaci di base a basso costo.
Ma quando mancano le forme più elementari di igiene, prima che le medicine stesse, quali
speranze si possono nutrire per il destino di tanti piccoli?
Rimane alta anche la mortalità neonatale in molti paesi del Sud del mondo e ogni anno si
calcola che siano circa 20 milioni i bambini che muoiono poco dopo la nascita per la
denutrizione della madre durante la gravidanza.
La lunga falce dell'AIDS
Proprio i bambini e gli adolescenti sono le vittime più colpite da questa malattia:
soltanto nel 2000 almeno 600.000 bambini al di sotto dei 14 anni hanno contratto il virus
dell'Hiv e nel 2002 oltre 4,3 milioni di persone sono morte di Aids, di cui 500.000
bambini (fonte Unicef).
I piccoli malati sono circa un milione e mezzo, mentre dieci milioni di adolescenti,
almeno un terzo cioè di coloro che hanno contratto il virus, hanno una età compresa tra
i 15 e i 20 anni.
Ogni giorno 2000 minori di 15 anni diventano sieropositivi, e tra questi ci sono anche i
bambini che nascono già malati, contagiati dalla madre durante la gravidanza o al momento
del parto.
La grande malata è l'Africa. Le proiezioni statistiche lo avevano
annunciato da tempo, ma ora il dramma dell'Aids si è infiltrato nel cuore del continente
africano, trovando nella povertà e nella mancanza di strutture sanitarie il terreno
ideale per mietere un altissimo numero di vittime.
Nessun altra regione al mondo è stata colpita così duramente come i Paesi dell'Africa
subsahariana, dove si trovano i tre quarti della popolazione malata.
Altissimo poi è il numero degli orfani dell'Aids circa 13 milioni, di cui più di dieci
sotto i 14 anni e quasi tutti africani.
Secondo Unaids, il programma dellOnu che si occupa della lotta
allAids, nel 2001 oltre 250.000 bambini fino ai 14 anni sono rimasti orfani a causa
del virus Hiv che raggiunge le percentuali più alte di diffusione in Nigeria, dove
risultano ufficialmente ammalate 995.000 persone, in Etiopia (989.000 casi), nella
Repubblica Democratica
del Congo (927.000 casi), in Kenya (892.000 casi), in Uganda (884.000 casi) e così via
fino ai 264.000 malati in Rwanda.
In Zambia la situazione sta diventando sempre più grave perché
l'epidemia si è coniugata con la povertà endemica della vita nei villaggi. In questo che
è uno dei Paesi più poveri del mondo 1'80 della popolazione vive al di sotto della
soglia dell'indigenza e un bambino su due è afflitto da malnutrizione. In alcuni villaggi
spopolati non sono rimasti che i piccoli orfani e i vecchi.
Ma le proiezioni al 2010 sono ancora peggiori: tra sei anni saranno 20 milioni i bambini
africani al di sotto dei 14 anni che avranno perso uno o tutti e due i genitori.
Fame!
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Ottocento milioni di persone al mondo sono cronicamente sottoalimentate e ogni sera
circa 200 milioni di bambini con meno di cinque anni vanno a dormire con i crampi della
fame nello stomaco.
Questo numero aumenta durante i periodi di scarsità alimentare stagionale e in tempi di
carestia o di disordini sociali.
Secondo alcune stime, la malnutrizione è un fattore determinante per il decesso di 13
milioni di bambini sotto i cinque anni, che muoiono ogni anno a causa di malattie e
infezioni che potrebbero essere prevenute come il morbillo, la diarrea, la malaria o la
polmonite.
La maggioranza delle persone sottoalimentate vive in Asia e nel Pacifico. In quest'ampia
area del mondo si trovano i due terzi (526 milioni) delle persone sottoalimentate. L'India
da sola ne conta 204 milioni, mentre in Cina, su una popolazione di 1,2 miliardi di
persone, 164 milioni sopravvivono con un nutrimento insufficiente.
Sconfiggere la fame e la povertà è un obiettivo che resta una pesante ipoteca sul futuro
del pianeta, malgrado le campagne di sensibilizzazione, gli aiuti internazionali, le
microrealizzazioni di sostegno allo sviluppo dei Paesi più poveri.
Non solo: secondo il Rapporto Onu 2003 sullo sviluppo umano, se il progresso non riuscirà
a invertire i trend negativi attuali (nei settori dellincremento agricolo, accesso
alle fonti d'acqua, creazione di impianti igienici, scuole, strutture sanitarie) per
alcune regioni del mondo, come l'Africa subsahariana, alcuni stati arabi e in Paesi
dell'America Latina, si assisterà ad un progressivo impoverimento della qualità della
vita.
In 23 Paesi del mondo oltre il 30 dei bambini sotto i cinque anni si porta addosso i segni
della malnutrizione, con conseguenze visibili anche nella crescita e nella vita adulta. E
come pensiamo del resto possano vivere i figli di famiglie numerose in Paesi in cui la
maggior parte della popolazione vive con meno di un dollaro a testa al giorno?
L'istruzione negata
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L'istruzione è un diritto universale. Eppure oggi nel mondo 121 milioni di bambini
sono privati del diritto di una istruzione di base perché nei loro Paesi la scuola non è
ancora obbligatoria, gratuita e accessibile a tutti. Sono soprattutto le bambine a pagare
il prezzo di una mancata istruzione, perché la maggioranza delle esclusioni riguarda le
femmine, ben 65 milioni, mentre i maschi sono 56 milioni.
La cifra, riportata dall'ultimo rapporto dellUnicef sulla condizione dell'infanzia
nel mondo, è approssimativa per difetto a causa della difficoltà di alcuni Paesi di
calcolare la popolazione scolastica, perché non esistono servizi anagrafici, per
circostanze contingenti legate a guerre o perché si tratta di bambini che vivono in stato
di abbandono delle famiglie.
Un'altra motivazione della mancata scolarizzazione infantile si ricava dalle cifre del
lavoro minorile che recluta a pochi soldi piccoli operai che col loro basso salario
mantengono tutta la famiglia. Oppure si tratta di bambine avviate a traffici di
sfruttamento o impiegate nelle loro stesse case a crescere i fratelli più piccoli o gli
anziani e i malati.
In ogni caso, ancora una volta è nella povertà e nell'ignoranza che si trovano le radici
della mancata o irregolare frequentazione scolastica di tanti piccoli privati di uno dei
loro diritti fondamentali.
I dati sull'analfabetismo e sulla scarsa scolarizzazione dei bambini e delle bambine in
particolare, sono indicatori dello stato di povertà e sottosviluppo di un Paese. Tra le
aree più toccate da questo fenomeno troviamo larghe zone dell'Africa subsahariana, alcuni
Paesi dell'Asia e diversi stati arabi.
Piccoli soldati uccidono
La storia di Titti, piccola guerrigliera Titi Bayoh è una bambina soldato della Sierra
leone. Ci racconta la sua storia il missionario saveriano Padre Bepi Berton che da molti
anni si occupa del recupero dei bambini coinvolti nella guerra .Titi ha combattuto per
sette anni tra le fila dei ribelli della Ruf. Più volte aveva tentato la fuga ma era
sempre stata riacciuffata e punita. |
Più di 300.000 minori di 18 anni sono impegnati nei conflitti che stanno insanguinando
il mondo. Migliaia e migliaia di piccoli armati hanno combattuto e sono morti nell'ultimo
decennio, sia nelle fila degli eserciti regolari che tra le diverse bande di guerriglia.
La maggioranza di loro ha tra i 15 e i 18 anni ma non mancano reclute di 10 anni e, in
generale, si sta delineando una certa tendenza all'abbassamento dell'età.
Ancora una volta l'Africa detiene il primo posto tra i continenti che vivono questo
terribile problema: solo per citare un caso, nell'aprile scorso a Maputo, il governo ha
parlato di 120.000 soldati con meno di 18 anni. Ma anche in Asia, America ed Europa non
mancano situazioni di ingaggio e addestramento di piccoli soldati.
Negli ultimi 25 anni è stata documentata la presenza di bambini armati nei conflitti i 25
Paesi. Anche se spesso la loro presenza viene ufficialmente ammessa solo con l'incarico di
"portatori" al seguito dei soldati effettivi, soprattutto i missionari hanno
reso noto l'uso dei minori in azioni di efferata violenza in Sierra Leone.
In Etiopia sono reclutate anche le ragazze che si calcola costituiscano il 25-30 delle
forze di opposizione armata. Altre volte accade che i ragazzi si arruolino come
"volontari" per sopravvivere alla povertà delle loro famiglie o di una vita
randagia: nel 1997 circa 5000 ragazzi si sono arruolati nell'esercito della Repubblica
Democratica del Congo dopo avere ascoltato l'invito alla radio.
In una delle guerre nascoste più lunghe dell'ultimo dopoguerra, in
quell'interminabile stillicidio che si sta consumando tra il governo del Myanmar e le
minoranze etniche birmane, i bambini vengono mandati a correre lungo le zone minate. Carne
da macello, il sistema di sminamento più feroce e orribile che si possa
immaginare.
Eppure di questi piccoli non sapremo mai il nome, perché in queste come in molte altre
situazioni di sfruttamento il minore soffre fino in fondo della sua condizione
minoritaria: è venduto, comprato, abbandonato, straziato, perché la sua voce
non conta nulla. Non si sente, non sarà creduta.
E la cosa più avvilente è che, malgrado le denunce, questo fenomeno è in netto aumento
negli ultimi anni a causa del cambiamento della natura di molte guerre, divenute oggi
conflitti di tipo etnico, religioso o nazionalista.
I "signori della guerra" che tirano i fili degli eserciti in campo, non si
lasciano impressionare dagli articoli della Convenzione di Ginevra sui diritti del
fanciullo, anzi trovano particolarmente vantaggioso servirsi di questa manodopera che si
compra col vitto e l'alloggio soltanto.
Le armi più leggere e maneggevoli si prestano ad essere imbracciate anche da un bambino
di 10 anni che può essere addestrato ad usare una AK-47 come un adulto.
Bambini che uccidono, bambini che muoiono. In ogni caso vittime.
Nell'ultimo decennio oltre due milioni di bambini sono rimasti uccisi dalle guerre, più
di sei milioni sono rimasti invalidi o gravemente feriti, un milione sono rimasti orfani o
hanno perso i genitori nel caos della guerra. Circa 20 milioni sono rimasti senza casa. Ogni
anno infine circa 9.000 bambini sono mutilati o uccisi dalle mine antiuomo.
Come oggetti venduti
Ogni anno nel mondo oltre un milione di bambini rimane vittima del traffico i esseri
umani. Il rapporto Unicef Stop thè traffic mette in luce il
fenomeno delle componenti criminali dello sfruttamento minorile che vede lo spostamento di
piccoli provenienti da Paesi in via di sviluppo (Africa centrale e occidentale e sud est
asiatico) verso le aree del benessere dei Paesi occidentali.
Sono gli schiavi del 2000 e vengono sfruttati dall'industria del sesso, come manodopera a
basso costo, come domestici.
Ai più fortunati può toccare un'adozione, ma non mancano i casi di piccoli che
spariscono misteriosamente e vengono uccisi per fornire organi da trapianto attraverso
canali illegali.
Il "listino prezzi" segue le richieste di mercato: 50.000 euro per un neonato
maschio in buona salute, 30.000 per un fegato, come denuncia il quotidiano brasiliano
Manchete.
Il traffico illegale dei bambini è un giro daffari da 1,2 miliardi di dollari
l'anno e poche tra le sue piccole vittime sono in grado di denunciare ciò che viene loro
fatto: troppo piccoli, troppo indifesi. Oppure costretti al silenzio dalla morte.
Il capitolo sfruttamento sessuale è uno dei più dolorosi da affrontare. Le
campagne di sensibilizzazione condotte efficacemente dall'Ecpat (un network internazionale
di organizzazioni che lavora per eliminare lo sfruttamento sessuale dei minori) hanno
rivelato i percorsi internazionali del turismo sessuale in cui sono coinvolti i minori,
denunciando che milioni di bambini in tutto il mondo sono sfruttati, comprati o venduti
come una merce qualunque da trasportare da una zona all'altra del Paese (come nel caso
delle località turistiche della Tailandia o del Brasile) o portati fuori dai confini
nazionali (le piccole prostitute della Cambogia o del Nepal) o ancora avviati allo
squallido mercato della pornografia.
Lo sfruttamento sessuale a scopo di lucro ha molte facce. In Tailandia, uno studio
sull'economia illegale ha rivelato che dal 1993 al 1995 la prostituzione ha rappresentato
dal 10 al 14 del prodotto interno lordo e si calcola che circa un terzo delle donne
tailandesi coinvolte nel mercato della prostituzione siano minorenni.
Vittime di abusi di ogni genere i piccoli schiavi di questo mercato hanno spesso davanti a
loro l'unica prospettiva di una morte per Aids o altre malattie a trasmissione sessuale.
Ma anche se riuscissero a scappare ai loro padroni, le famiglie non li riprenderebbero in
casa.
Manodopera a basso costo
Iqbal Masih è il nome di un ragazzo pakistano che fabbricava tappeti e che è divenuto
il simbolo di tutti i piccoli lavoratori nascosti nelle pieghe del lavoro sommerso. E'
stato ucciso a 12 anni nel 1995, il 16 aprile, data in cui da allora si celebra la
Giornata contro lo sfruttamento minorile.
Iqbal era stato per anni schiavo di un produttore di tappeti e poi era stato riscattato da
una associazione. Raccontava la sua storia e le sue parole erano un atto di accusa contro
i colonnelli del lavoro nero dei bambini come lui. La morte lo ha raggiunto per strada per
mano di un anonimo. Ma il suo sorriso ci ricorda ancora che tanti ragazzi come lui sono
condannati ad un destino durissimo.
Le stime più recenti parlano 211 milioni di bambini e bambine che lavorano. Hanno meno i
14 anni e dovrebbero andare a scuola. Invece zappano nei campi (la maggioranza, circa il
70%), frugano nelle discariche, mendicano per strada, si intorpidiscono le mani al telaio,
si anneriscono il viso nelle fabbriche.
Dovunque si possano guadagnare pochi soldi in cambio di tante ore di lavoro per aiutare se
stessi e la propria famiglia a sopravvivere. In questo campo nascosto povertà, ignoranza,
discriminazione hanno ragione sui diritti di questi piccoli uomini e donne vittime di
sfruttamento illegale. In cambio un operaio-bambino rende bene al suo padrone.
Soprattutto in quelle che il Bit (Bureau International du Travail) denuncia come sacche di
sfruttamento in Asia e in Africa in particolare, l'infanzia rapprenda un ampio serbatoio
da cui attingere mano d'opera a basso prezzo.
Realtà ben note al mondo, malgrado la clandestinità in cui avvengono e che sono
denunciate nella Convenzione relativa alla proibizione delle forme peggiori del lavoro
minorile presentata a Ginevra nel 1999 dal Bit.
Anche la Convenzione sui diritti dell'infanzia adottata dall'Assemblea generale delle
Nazioni Unite il 20 novembre 1989 condanna con forza lo sfruttamento dei piccoli
lavoratori da parte di adulti senza scrupoli, una piaga sociale dura ad estinguersi, non
solo nei Paesi in via di sviluppo.
I baby-lavoratori infatti sono numerosi anche nei Paesi a medio reddito (5 milioni
nell'Est europeo e il dato è in crescita a causa della difficile situazione di
transizione verso uneconomia di stampo occidentale) e non mancano neppure in Europa.
Si segnalano sacche di lavoro nero minorile, in Portogallo, in Grecia e anche in Italia,
dove l'ultimo rapporto Istat ne ha censiti 145.000, mentre la CGL ne fa una stima tre
volte maggiore.
Pubblicato il 6 gennaio 2004 dalla Agenzia Fides
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