CONCILIO VATICANO II:
RINNOVAMENTO NELLA CONTINUITÀ, NON FRATTURA

 

 

IL VERO PROGETTO DEL CONCILIO

Nel discorso d’apertura del Concilio Vaticano II (11/101962), il Papa Giovanni XXIII affermò con chiarezza: "Fine massimo del Concilio e che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace. /.../ Il 21° Concilio ecumenico vuole trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti. /.../ Lo scopo principale di questo concilio non è, quindi, la discussione di questo o quel tema della dottrina fondamentale della chiesa. /.../ Per questo non occorreva un Concilio. /.../ E’ necessario che questa dottrina, certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo. Una cosa è infatti il deposito stesso della fede, vale a dire le verità contenute nella nostra dottrina, e altra cosa è la forma con cui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata" (Concilio Vaticano II, Costituzioni, decreti, dichiarazioni. Discorsi e messaggi, EDB, 1992, pp.93-95, n. 45, n.52, n. 54-55). Questo è il vero scopo e il vero spirito del Concilio. Si chiedeva, dunque, un aggiornamento nel modo di presentare la fede agli uomini contemporanei, non un cambio dei contenuti della fede.

 

NESSUNA ROTTURA

"Non sarebbe perciò nel vero - ribadirà Papa Paolo VI - chi pensasse che il Concilio rappresenti un distacco, una rottura ovvero, come qualcuno pensa, una liberazione dall’insegnamento tradizionale della Chiesa, oppure autorizzi e promuova un facile conformismo alla mentalità del nostro tempo, in ciò ch’essa ha di effimero e negativo piuttosto che di sicuro e scientifico, oppure che il Concilio conceda a chiunque di dare il valore e l’espressione che crede alla verità della fede" (Discorso all’Udienza Generale del 12/1/1966). Dopo il Concilio, purtroppo, si sono diffuse delle letture ideologiche del Concilio che ne hanno alterato o stravolto il vero significato. I. Congar, consapevole di questo rischio, scrisse un’opera molto significativa dal titolo: "Vera e falsa riforma". Il Card. Ratzinger a questo proposito ha affermato: "Sono convinto che i guasti cui siamo andati incontro in questi venti anni (1965-1985) non siano dovuti al Concilio vero ma allo scatenarsi, all’interno della Chiesa, di forze latenti aggressive, centrifughe, magari irresponsabili oppure semplicemente ingenue, di facile ottimismo, di un’enfasi sulla modernità che ha scambiato il progresso tecnico odierno con un progresso autentico, integrale" (Rapporto sulla fede, Ed. Paoline, 1985, p. 28).

 

PAOLO VI E IL VERO CONCILIO

Papa Paolo VI in un famoso discorso del 1968, indica il vero rinnovamento auspicato dal Concilio. "In certi ambienti l’idea del cambiamento ha preso il posto dell’aggiornamento, presagito da Papa Giovanni XXIII, attribuendo così, contro l’evidenza e contro la giustizia, a quel fedelissimo Pastore della Chiesa criteri non più innovatori, ma talvolta eversivi dell’insegnamento e della disciplina della Chiesa stessa. /.../ Rinnovamento, si; cambiamento arbitrario, no. Storia sempre viva e nuova della Chiesa, sì; storicismo dissolvitore dell’impegno dogmatico tradizionale, no. Integrazione teologica secondo gli insegnamenti del Concilio, sì; teologia conforme a libere teorie soggettive, spesso mutuate da fonti avversarie, no. Chiesa aperta alla carità ecumenica, si, irenismo rinunciatario alle verità di fede, no. Libertà religiosa per tutti nell’ambito della società civile, libertà d’adesione personale alla religione secondo coscienza, sì; libertà di coscienza come criterio di verità religiosa, non suffragata dall’autenticità di un insegnamento serio ed autorizzato, no" (Discorso nell’Udienza Generale di Giovedì 25 aprile 1968. Insegnamenti di Paolo VI, vol. VI, 1968, pp. 776-779). Allo stesso modo per la Liturgia: "Una falsa innovazione, una falsa riforma liturgica - diceva sempre Paolo VI - non porterà, come è stato detto da alcuni, nelle catacombe, ma fuori della Chiesa" (Discorso 3/9/1969).

 

IL META-CONCILIO: UNA DEVIAZIONE RISPETTO AL CONCILIO.

Mons. Philippe Deihaye che è stato segretario della Commissione Teologica Internazionale, in una conferenza del 1980 ha indicato le deviazioni del meta-concilio (= al di là del concilio), termine con cui si vogliono indicare le letture ideologiche che hanno sbagliato nell’interpretare il Concilio. Il "metaconcilio" è un’insieme di tesi estranee ai fondamenti della dottrina del Vaticano II, e che gli vengono falsamente attribuite, allo scopo di determinare una metamorfosi del cristianesimo e della Chiesa.

1) DIFFERENZA TRA DOPO-CONCILIO E META-CONCILIO.

Ricordo queste parole di padre Congar: "E’ un peccato, ma è un fatto, che molti pensano che tutto ciò che precedeva il Concilio è caduto, e che con il Concilio comincia qualcosa di totalmente nuovo. A) Per dopo-concilio s’intende lo studio del Concilio, la ricerca delle sue implicazioni e di un’evoluzione omogenea, cosi come si deve dire per tutta la Tradizione della Chiesa. B) "Meta" significa un cambiamento inteso nel senso di una mutazione totale (es. meta-morfosi, cambiamento di forma). Il meta-concilio (= antiConcilio) è come una meta-morfosi del Concilio, come un anti-Concilio. Non tutti i meta-conciliaristi vogliono cambiare tutto allo stesso modo, ma hanno una convinzione comune: il Vaticano II ha rinunciato alla fede, alla disciplina, alla prassi della Chiesa e che, allo stesso modo, nella nuova linea si deve avere una nuova visione del cristianesimo, per es. una visione marxista, una visione hegeliana, una visione secolarizzata e tante altre.

2) SILENZI

"Alcuni trasformano i silenzi del Vaticano II in una negazione formale. Per esempio, il Vaticano II ha parlato poco del peccato originale; non ha usato questa parola e dice soltanto tre volte "originalis labes". Ma questo non può essere interpretato come una negazione del dogma cristiano che si esprime in Rom 5, in tanti Concili e specialmente nel Concilio di Trento. Ma, d’altra parte, si deve notare che il Vaticano II parla spesso della Redenzione e non si può capire una Redenzione se non c’è il peccato originale da distruggere. /.../ La falsa interpretazione dei silenzi del Concilio sul peccato originale ha portato alcune conseguenze veramente serie. /.../ Non solo nella negligenza e nel ritardo del Battesimo dei neonati, ma ancora di più nelle trasformazioni di alcuni rituali che direi selvaggi per il Battesimo. Giù nel 1970 ho visto questo tipo di cerimoniale: si spiegava che il Battesimo è soltanto l’affidamento del fanciullo alla comunità, per cui ci si passava il bambino tra le braccia e cosi egli sapeva di essere membro della comunità. Si ritrovava, sotto tutto questo, l’idea marxista che la persona è soltanto un nodo di relazioni sociali. Poi si diceva: "Se si usa dell’acqua, non si deve mai parlare dell’acqua che lava la macchia, ma soltanto di una fonte che è sorgente di vita".

3) TRASFORMAZIONI

/.../ Un’altra manifestazione del meta-concilio è la trasformazione-cambiamento dell’insegnamento conciliare sul sacerdozio comune di tutti i fedeli della Chiesa. Questo tema introdotto nella "‘Lumen gentium" da Mons. Philips aveva per scopo di suscitare una corresponsabilità e una collaborazione all’azione della Gerarchia. Quale che fosse la parola usata, non c era motivo di pensare a un sacerdozio dello stesso genere o della stessa natura del sacerdozio ministeriale (L.G., n. 10). Sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale sono ordinati l’uno all’altro, ma sono differenti per essenza e non solo per grado. Ricordo che Mons. Philips, quando lavorava alla redazione di questo testo, già temeva false interpretazioni. Già in quel periodo, alcuni in Olanda proponevano un ordinamento del culto con pochi preti e molte parrocchie affidate ai laici. /.../ Ma dopo il Concilio, le cose sono totalmente cambiate e alcuni hanno stampato articoli in cui difendevano questa tesi: la comunità dei laici potrebbe imporre le mani e dare una delega a uno dei suoi membri per l’Eucaristia; /.../ Si celebra come una festa l’inaugurazione di parrocchie senza preti. Si è favorita una perdita tremenda di senso di identità nei sacerdoti. Dobbiamo ritornare all’insegnamento conciliare /.../ E’ ora di lasciare le metamorfosi e le devianze del meta-concilio e ritornare all’autenticità della dottrina conciliare. /.../

4) 1 FALSI SLOGANS DELL’ANTI-CONCILIO

L’esempio più manifesto è costituito, senza dubbio, dalla cattiva interpretazione del concetto conciliare di libertà religiosa. /.../ La dichiarazione sulla libertà religiosa era una dichiarazione di fronte allo Stato civile e riguarda il fatto che uno Stato non può usare della forza e del suo potere per imporre una fede o una pratica religiosa. La lettura ideologica voleva invece portare la libertà religiosa all’interno della vita stessa della Chiesa (N.d.R. = cfr. Congregazione per la Dottrina della fede, Vocazione ecclesiale del teologo, nn. 32-39).

 

RIMEDI

Il rimedio e la risposta a queste deviazioni consiste nel ri-vivificare il Concilio autentico. Dopo il Concilio di Trento molte scuole cattoliche, facoltà e seminari hanno avuto insegnamenti speciali per imparare i testi del Concilio. Nelle facoltà, oggi, si dovrebbe fare uno studio dei testi del Vaticano II, accanto alla teologia della Sacra Scrittura, ai Padri, agli scolastici e specialmente san Tommaso" (CRIS Documenti - Mensile a cura del Centro Romano di Incontri Sacerdotali – N° 43, Anno VII, Roma 1980).

di Gabriello e Antonio Gabrielli

 

 

 

Da Per maggiori informazioni cliccare sul logo n.2 - febbraio 2002 (per maggiori informazioni cliccare sul logo).
Pubblicato da "Profezie per il Terzo Millennio" su autorizzazione del
direttore di redazione di "Fede e Cultura", don Guglielmo Fichera.

 


 

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