CATECHESI E TRADIZIONE

 

 

 

«Nell’attività catechistica, ordinariamente, il concetto conciliare di "Tradizione" ha un minore influsso come elemento realmente ispiratore. Di fatto, in molte catechesi, il riferimento alla Sacra Scrittura è quasi esclusivo, senza che la riflessione e la vita bimillenaria della Chiesa l’accompagni in modo sufficiente. La natura ecclesiale della catechesi appare, in questo caso, meno chiara. L’interrelazione tra Sacra Scrittura, Tradizione e Magistero, "ciascuno secondo il proprio modo" non feconda ancora armoniosamente la trasmissione catechistica della fede» (Congregazione per il Clero, Direttorio Generale per la Catechesi, Esposizioni Introduttiva, n. 30, Libreria Editrice Vaticana, 1997, p. 32)

 

LE DUE FONTI

La dottrina delle "due fonti" della Rivelazione, vale a dire la Scrittura e la Tradizione, fu definita come dogma della Chiesa Cattolica all’inizio dell’epoca moderna, al Concilio di Trento. Tale definizione si era resa necessaria per contrastare le posizioni di Martin Lutero e dei suoi seguaci "protestanti", che sostenevano la sufficienza della Scrittura per dare alla fede cristiana un fondamento adeguato: in pratica, secondo loro, ogni fedele regola i propri rapporti con Dio solo nella preghiera e nella meditazione personale della Parola di Dio, liberandosi dal "peso" della Chiesa, dei vescovi e dei preti. Invece il Concilio stabilì che questo approccio "individuale" non è sufficiente per la fede, anzi, può facilmente condurre in errore, perché il singolo credente, per quanto sia devoto e istruito, rischia di fermarsi a un’interpretazione parziale, o addirittura falsa della Bibbia stessa.

 

CHIESA E BIBBIA

La Bibbia insomma va letta "con la Chiesa e nella Chiesa", alla luce, appunto, della Tradizione: i documenti dei Concili e del Magistero del Papa e dei vescovi, ma anche l’insegnamento continuo che la Chiesa offre nella liturgia, nella catechesi e in tutti gli aspetti della sua attività "pastorale". Non si tratta quindi di sottomettersi semplicemente alle indicazioni che la gerarchia ecclesiastica riversa "dall’alto" sui fedeli, ma si è chiamati a partecipare a un processo vivo e sempre attuale, in cui la parola "tradizione" è intesa nel suo senso più ampio: non solo un "deposito" o una biblioteca piena di polverosi documenti, ma una "trasmissione" della fede da persona a persona, da comunità a comunità, in un’esperienza di comunione e dialogo in cui ciascuno, secondo le proprie capacità e il proprio ruolo, ha la possibilità di "dire la sua" e addirittura il dovere morale di essere a sua volta messaggero e maestro di altri uomini che si avvicinano a Dio. È una grande esperienza di comunicazione umana, in cui ognuno si assume una responsabilità personale delicatissima, tanto che in tutte le lingue, sia antiche che moderne, la parola "tradizione" è quasi identica alla parola "tradimento": la tradizione è Pietro che annuncia la risurrezione, ma anche Giuda che consegna il Signore ai carnefici. Eppure, Dio ha proprio voluto così: ha consegnato Se stesso agli uomini, condividendo la fragilità umana fino alla morte.

 

LA BIBBIA "PRETENDE" LA CHIESA

Dal Concilio di Trento ad oggi, peraltro, la posizione protestante si è diffusa sempre più anche all’interno della stessa Chiesa Cattolica: sono moltissime le persone che si dichiarano "cattoliche", e allo stesso tempo affermano di ritenere sufficiente un rapporto personale con Dio, "saltando" la mediazione della Chiesa (perché la Messa sarebbe un "rito vuoto", i preti "allontanano da Dio più che avvicinarlo", la Chiesa è "un’organizzazione di potere" eccetera: sono proprio i motivi che spinsero Lutero a staccarsi da Roma). Il paradosso è che proprio l’amore per la Bibbia tipico dei protestanti ha portato tutti i cristiani a conoscere talmente a fondo le Scritture, da poter affermare che esse stesse siano il prodotto della "tradizione", in quanto in esse, tanto nel Nuovo che nell’Antico Testamento, è possibile riconoscere tutta l’esperienza del popolo di Dio e della Chiesa primitiva, impegnata nella custodia della memoria e nella comunicazione della fede alle generazioni successive. La Bibbia stessa, insomma, "pretende" la Chiesa, senza la quale la lettura della Scritture sarebbe inefficace e incomprensibile.

 

LA CATECHESI, L’UNICA VERA FONTE

In realtà, ben prima del Concilio di Trento i cristiani sapevano bene che esiste un’unica vera fonte della Rivelazione di Dio, quella che passa di bocca in bocca e da cuore a cuore nella comunità fondata da Gesù stesso insieme agli apostoli. Quando Gesù decise di uscire dall’ambito troppo ristretto delle sinagoghe e di predicare nelle piazze, come narrano i Vangeli stessi (cfr. Mt 5, Lc 6), ebbe bisogno dell’aiuto di alcuni discepoli più fedeli ("ne scelse dodici, che stessero con Lui"), per permettere a tutti di ascoltare le Sua stessa parola: non avendo a disposizione megafoni, altoparlanti e telefoni cellulari, men che meno giornali, radio, televisioni e Internet, dovette fidarsi della capacità degli Apostoli e degli altri discepoli di ripetere a tutti le Sue parole, anche mentre le pronunciava, altrimenti come avrebbe potuto raggiungere anche le ultime file dei cinquemila che gli stavano attorno mentre spiegava il "discorso della montagna", la Sua grande catechesi sull’amore di Dio? Chi ascoltava Pietro o Andrea ascoltava Cristo: e questo divenne ancor più vero dopo la Sua risurrezione, quando mandò gli Undici (senza il "traditore"!) ad annunciare il Vangelo "ad ogni creatura". Come Egli era il Maestro, così gli apostoli si fecero maestri e "padri nella fede", ben sapendo di essere sempre inadeguati, perché "uno solo è il Padre e il Maestro di tutti". Essi stessi non avevano libri né opuscoli da distribuire: il Vangelo era nella loro memoria e nel loro cuore, e solo pian piano venne scritto sulla carta da coloro che a loro volta avevano ascoltato e meditato la Parola vivente dalla loro bocca.

 

CATECHESI: COMUNICARE UN VOLTO

Le memorie degli apostoli vennero raccolte con amore e trepidazione "secondo l’ascolto", in greco "katà ekousa", cioè come "catechesi". La catechesi, insomma, non è nata come "commentario" ai vangeli, né come "spiegazione" o "interpretazione": essa è il Vangelo stesso, nel momento in cui viene trasmesso dal maestro al discepolo, dall’apostolo al giudeo o al greco, dal vescovo al catecumeno. Non è una tecnica didattica, un programma scolastico, ma un Volto che si riflette su altri volti, una Parola che diventa dialogo, con il timbro di voce, l’espressione del viso, del corpo, delle mani e della vita di colui che la pronuncia, di coloro che la ripetono e cercano di metterla in pratica.

 

LA CATECHESI DELLA CHIESA PRIMITIVA

Si potrebbe dire che i primi secoli del cristianesimo sono stati i "secoli della catechesi", della trasmissione viva della fede. Per trecento anni, infatti, i cristiani erano perseguitati ed emarginati: non godevano di alcun privilegio, né possedevano beni materiali a cui affidarsi. Come Gesù per le strade della Palestina, che "non aveva una pietra dove posare il capo", i cristiani si dovevano incontrare nelle case, negli angoli delle piazze, a volte addirittura nelle catacombe. Non c’erano ancora le chiese, con i pulpiti e gli amboni, né tantomeno le case canoniche, gli oratori, le sale per conferenze, gli ordini religiosi con i loro conventi, le scuole cattoliche, le case editrici... tutto era affidato alla "viva voce", quando non addirittura alla vita donata dei martiri, gli unici che con il loro esempio potevano "predicare" in luoghi pubblici: nelle arene, in mezzo ai leoni! Non c’erano i "catechismi" né i "catechisti" specializzati, ma c’era la catechesi, perché l’unica cosa che la Chiesa faceva continuamente e in ogni circostanza era annunciare, testimoniare e illustrare con la vita di ciascuno la fede nel Salvatore, il Figlio del Padre celeste, sempre presente grazie alla potenza dello Spirito Santo in mezzo ai credenti.

 

DIDACHÈ: IL PRIMO CATECHISMO

Il primo esempio di "catechismo universale" della Chiesa, la Didachè, non fu firmato dagli autori, ma attribuito agli apostoli, infatti il titolo completo era Dottrina del Signore predicata alle genti per mezzo dei dodici apostoli. Gli apostoli in realtà erano ormai morti tutti, ma la loro parola era sentita ancora viva e presente, proprio come quella del Signore Gesù; erano ancora loro, insieme a Lui, gli "autori" della catechesi. Nella Didachè si presenta l’itinerario (la "via della vita") che devono percorrere i candidati al Battesimo, prima del quale "devono digiunare insieme il celebrante, il battezzando e potendo anche gli altri". In essa si parla di maestri, profeti, apostoli che insegnano la dottrina: "chiunque viene nel nome del Signore, sia accolto", e si mette in guardia dai "falsi profeti" che "insegnano per distruggere". Se invece insegnano "per accrescere la giustizia e la conoscenza del Signore, accoglieteli come il Signore stesso". L’importante è che nessuno cerchi di trarre un vantaggio personale dall’annuncio del vangelo: "nel caso volesse stabilirsi tra di voi, lavori e mangi". La catechesi non è una necessità burocratica, e può essere vissuta come carità: "se non avete un profeta, date aiuto ai poveri". È però un’esigenza profondamente sentita, quindi "eleggetevi episcopi e diaconi degni del Signore, uomini miti, disinteressati, veraci e sicuri: anch’essi compiono per voi lo stesso ministero dei profeti e dei dottori".

 

I PADRI APOSTOLICI

Il vivace quadro della Didachè viene confermato dalle testimonianze degli altri padri della Chiesa dei primi secoli, vescovi e laici impegnati in un dialogo continuo con i propri confratelli e le comunità sparse per le varie provincie dell’impero romano. Così il papa Clemente romano scrive ai Corinzi, ricordando loro che i cristiani sono compatti "come un esercito" nel condurre la battaglia della fede. Il vescovo Ignazio di Antiochia scrive a tutte le Chiese dell’Asia Minore incoraggiando a imitare il Signore e i martiri, come "frumento vivo", senza perdersi in discussioni inutili. Il suo amico e confratello vescovo Policarpo di Smirne ne realizza l’invito pregando e annunciando il Vangelo al momento di essere sbranato dalle fiere, lasciando un ricordo indelebile nei presenti e nel cuore di tutti i cristiani, che narreranno la sua morte come la migliore delle lezioni di catechesi. Possiamo ricordare anche il martire Giustino, che spiegava ai tribunali romani che i cristiani sono gente semplice che si riunisce "ad ascoltare le parole dei profeti e le memorie degli apostoli" e non coltiva progetti sovversivi, o il grande vescovo Ireneo di Lione, che racconta della sua giovinezza ad Efeso, quando ascoltava Policarpo e gli altri anziani raccontare di quando a loro volta "si sedevano ai piedi dell’apostolo Giovanni", che ricordava i giorni passati insieme a Gesù. Ireneo fu il primo a parlare esplicitamente di "tradizione" come fondamento della fede, facendo anche la lista dei vescovi nominati dagli apostoli; e siccome era ormai impossibile ricordarli sempre tutti, consigliava ad ogni fedele "di andare d’accordo con la Chiesa di Roma" quella che per Ignazio "presiedeva alla carità" della Chiesa.

 

LE SCUOLE DI CATECHESI

Ben presto si cominciò a organizzare delle vere e proprie "scuole di catechesi", che erano delle comunità riunite intorno al vescovo, come al grande Cirillo di Gerusalemme, il primo a lasciarci scritte una serie di Catechesi. Nella capitale della provincia egiziana, Alessandria, che era il centro della cultura "ellenistica" del tempo, furono fatti i primi tentativi di dare ai catecumeni un indirizzo più organico e sistematico, come ci testimonia uno dei primi "direttori", san Clemente alessandrino. Egli scrisse un’opera in tre tappe: il Protreptico, cioè l’ "introduzione" per quelli che ancora non conoscevano Cristo, il Pedagogo per i catecumeni e i più giovani, in cui Cristo viene presentato come il vero Maestro e gli Stromata, vale a dire le "decorazioni", un percorso di approfondimento della fede (il primo vero "corso di teologia per laici"). Il suo successore, il geniale Origene, decise di far vivere agli alunni un’esperienza intensa di preghiera e di vita comunitaria, tanto che la "scuola di Alessandria" divenne il primo modello per i monasteri che sarebbero sorti solo qualche decennio più tardi. Origene stesso insegnava tutte le materie sacre e profane, ma sopra tutto mise la conoscenza approfondita delle Scritture, di cui svelò i criteri di lettura e i significati spirituali, il "mistero di Cristo" che vive nella Bibbia, tanto da essere considerato il fondatore della "scienza biblica".

 

UN MAESTRO PER TUTTI: SAN GIOVANNI CRISOSTOMO

Potremmo continuare a citare decine di esempi dei primi secoli, che ci presentano l’estrema vitalità della catechesi antica. Il più efficaci e il più famoso, almeno nella Chiesa orientale, fu senz’altro san Giovanni Crisostomo, predicatore di Antiochia e patriarca di Costantinopoli dal 397 al 407, quando morì perseguitato dai potenti dell’epoca. La sua capacità di trasmettere la parola viva del Signore gli meritò l’appellativo tutto particolare di "Crisostomo", la "bocca d’oro" che spargeva tesori nelle anime.

 

TRASMETTERE LA FEDE

Egli ci narra nelle sue numerosissime opere di una comunità che unisce tutti i suoi membri nell’opera di trasmissione della fede. Nelle sue Catechesi battesimali ci presenta tutte le tappe del catecumenato, con varie "unzioni prebattesimali" in cui da semplici catecumeni si diventava competenti, da cum-petere, che può significare sia "coloro che camminano insieme" (verso il battesimo), sia "coloro che chiedono insieme" (il battesimo). Erano unzioni di esorcismo, in cui i cristiani sfuggivano a Satana "come gli atleti", che nella lotta greco-romana si ungevano il corpo per sfuggire alla presa dell’avversario. Alle unzioni partecipavano anche i vari "ministri", tra cui vi erano delle "diaconesse", che avevano il compito di ungere interamente il corpo delle donne che nella notte di Pasqua si spogliavano per entrare nella piscina del Battesimo, e trasformarsi a imitazione di Cristo.

 

IL MARITO: PRIMO CATECHISTA

Giovanni raccomandava a tutti di ascoltare attentamente le letture e l’omelia del vescovo durante la liturgia, perché sarebbe poi toccato a loro di raccontarne il contenuto ai propri familiari assenti e a tutti gli altri (ricordiamo che a quei tempi, anche se non c’era più la persecuzione contro i cristiani, dappertutto dominava ancora il paganesimo). Egli raccomandava soprattutto agli uomini, i capi-famiglia, di essere i primi catechisti: "Ritornando a casa dalla chiesa, prepariamo una duplice mensa: una dei cibi, l’altra della lettura della parola di Dio, e il marito ripeta quanto è stato detto in chiesa; apprenda la moglie, ascoltino i figli, neppure i servi siano privati di quella lettura. Fa della tua casa una chiesa, poiché devi rendere conto della salvezza dei tuoi figli e dei tuoi servi". Ricordava anche che "una lettura superficiale della Scrittura non ne scopre tutte le ricchezze. Bisogna approfondire. Se bastasse leggerla, Filippo non avrebbe detto all’eunuco: "Comprendi ciò che leggi?". Se bastasse la lettura, Cristo non avrebbe detto ai Giudei: "Scrutate le Scritture". Scrutare non è fermarsi alla superficie, è discendere in profondità".

 

EDUCAZIONE: L’ARTE DELLE ARTI

Giovanni fu il primo a insistere per iniziare la catechesi in famiglia fin dai primi anni, perché "se i buoni insegnamenti s’imprimono nell’anima ancor tenera, nessuno potrà in seguito cancellarli allorché diverranno duri come impronte, così come avviene per la cera". Infatti, secondo lui "non c’è arte superiore all’educazione. Che c’è infatti di paragonabile all’arte di formare l’anima e di plasmare l’intelligenza di un giovane? Colui che ne fa professione deve comportarsi e procedere in modo assai più attento e vigilante di qualunque pittore e scultore", perché "l’anima del giovane è la statua più preziosa di tutte". Il grande vescovo di Costantinopoli organizzava anche occasioni speciali di preghiera e di festa, anche per distogliere la popolazione dagli spettacoli pagani, e portava tutti in processione presso le tombe dei martiri: "Che cosa c’è di più gradito di questo raduno? Che cosa è più gradevole del teatro spirituale, dell’incontro con i tuoi fratelli? Vuoi partecipare anche alla mensa corporale? Qui, sciolta l’assemblea, è possibile presso il martyrium sotto un fico o una vite, attendere anche al ristoro del corpo, senza rimorsi. Il martire infatti, visto da vicino ed essendo vicino, è presente alla medesima mensa, impedendo così di cadere in pensieri peccaminosi". A questi pellegrinaggi partecipavano folle enormi, che passavano tutta la notte del sabato e la giornata della domenica insieme al vescovo, in preghiera e in meditazione: "Il mare si è prolungato dalla città fino a questo luogo, né è lontano dal vero chi chiamasse questo mare anche fiume di fuoco: tanto le fiaccole di. notte offrivano a chi vedeva, l’immagine di un fiume di fuoco". Lasciamoci attrarre anche noi dal "fiume di fuoco" della Chiesa, antica e moderna, che dagli Apostoli ad oggi riscalda il cuore di coloro che cercano il volto di Cristo!

Don Stefano Caprio

 

 

 

 

Da Per maggiori informazioni cliccare sul logo n.19 - marzo 2004 (per maggiori informazioni cliccare sul logo).
Pubblicato da "Profezie per il Terzo Millennio" su autorizzazione del
direttore di redazione di "Fede e Cultura", don Guglielmo Fichera.

 


 

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